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Sul rappresentazionale
A cura di Jacopo Valli




Sulla visione
di Stan Brakhage
(Traduzione di Jacopo Valli)


da «Metaphors on Vision».

28 dicembre 2013


Immaginate un occhio non governato dalle umanamente prodotte leggi della prospettiva, un occhio non pregiudicato dalla logica composizionale, un occhio che non risponde al nome di ogni cosa ma che deve conoscere ogni cosa incontrata nella vita attraverso un’avventura di percezione. Quanti colori ci sono in un prato, per il bambino gattonante non avente la nozione di “Verde”? Quanti arcobaleni può creare la luce, per l’occhio inistruito? Quanto, quell’occhio, può essere consapevole delle variazioni interne alle onde calde? Immaginate un mondo vivo di oggetti incomprensibili sfavillante in un’infinita varietà di movimento ed innumerevoli gradazioni cromatiche. Immaginate un mondo prima dello “In principio era il Verbo”.

Vedere è trattenere — osservare attentamente. L’eliminazione di tutta la paura sta nella vista — alla quale bisogna tendere. Una volta che la visione può essere consegnata — cosa che sembra inerente all’occhio dell’infante, un occhio che riflette la perdita d’innocenza più eloquentemente di ogni altra caratteristica umana, un occhio che impara presto a classificare le visioni, un occhio che rispecchia il movimento dell’individuo verso la morte attraverso la sua aumentante incapacità di vedere.

Ma non è mai possibile tornare indietro, nemmeno nell’immaginazione. Dopo la perdita d’innocenza, solo il culmine della conoscenza può bilanciare il traballante asse. Ancora: io suggerisco vi sia un perseguimento della conoscenza straniero al linguaggio e fondato sulla comunicazione visuale, necessitante uno sviluppo della mente ottica, e dipendente dalla percezione intesa nel senso più profondo ed originario del termine.

Supponete la Visione del santo e dell’artista come frutto di un’incrementata capacità di vedere-visione. Permettete alla cosiddetta allucinazione di accedere al reame della percezione, permettendo all’umanità di trovare sempre una terminologia derogatoria per ciò che non sembra prontamente utilizzabile; accettate le visioni oniriche, diurne o notturne, come ciò che voi indichereste come cosiddette scene reali, anche permettendo che le astrazioni che si muovono così dinamicamente quando teniamo saldate le palpebre chiuse siano davvero percepite. Divenite consapevoli del fatto che non siete solo influenzati dal fenomeno visuale sul quale siete focalizzati e provate a sondare le profondità di tutta l’influenza visuale. Non è necessario che l’occhio della mente sia indebolito dopo l’infanzia, eppure ancora in questi tempi lo sviluppo dell’apprendimento visuale è più o meno universalmente trascurato.

Questa è un’età che non ha altro simbolo per la morte che il teschio e le ossa ad un certo grado di decomposizione... Ed è un’età che vive nel terrore della totale annichilazione. È un tempo infestato da sterilità sessuale eppure quasi universalmente incapace di percepire la natura fallica di ogni distruttiva manifestazione di sé. È un’età che cerca artificialmente di proiettare se stessa materialisticamente nello spazio astratto e di realizzare se stessa meccanicamente poiché ha reso se stessa quasi completamente cieca alla realtà esterna entro la sua capacità visiva e alla consapevolezza organica delle proprietà fisiche di movimento della sua stessa percettibilità.
I primi disegni rupestri scoperti dimostrano che l’uomo primitivo aveva una più alta comprensione di quanto non abbiamo noi circa il fatto che l’oggetto della paura debba essere oggettivizzato. L’intera storia della magia erotica è una storia di possesso della paura attraverso la sua osservazione. Il culmine della ricerca visualizzativa è stato diretto verso Dio al di fuori della più profonda capacità di comprensione umana circa il fatto che non possa esservi amore dove c’è paura. Eppure, in questa contemporaneità, quanti di noi addirittura lottano per accorgersi profondamente dei propri figli?

L’artista ha trascinato la tradizione della visione e della visualizzazione attraverso le epoche. Nel presente, pochissimi hanno continuato il processo di percezione visuale nel suo senso più radicale e trasformato le loro ispirazioni in esperienze cinematiche. Essi creano un nuovo linguaggio reso possibile dall’immagine in movimento. Essi creano dove la paura prima di loro ha creato la più grande necessità. Essi sono essenzialmente ossessionati da- e s’intrattengono con- nascita, sesso, morte e ricerca di Dio.



Postilla del visionario chiaroveggente
di Jacopo Valli

Come colui che sa di non sapere ancora lascia in vita l’Altro, almeno nella presenza della sua assenza
Così colui che vede non ancora è libero dalla duale alterità oggettuale

Come colui che sa di non sapere cogniuntamente sapendo che nulla d’Altro v’è
Così colui che invero vede sa di essere il suo stesso vedere, la stessa sua visione attiva, che Altro da vedere non v’è.


Pierre Bonnard, Nature morte jaune et rouge, 1931


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