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2012


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La significatività/positività della morte di Ellen West
di Ludwig Binswanger

(da Ludwig Binswanger, Il caso Ellen West e altri saggi, a cura di F. Giacanelli, 1973, pp. 132-133)


6 gennaio 2013


Il fatto antropoanalitico che la certezza intuitiva della morte, che la morte immanente alla vita (vedi Gebsattel) si riveli come ombra che si stende sulla vita e che la prossimità della morte (transeunte la vita) si riveli tuttavia come luminosità, anzi come festosa gioia esistenziale, va ora però inteso, al pari dello stesso suicidio, anche in riferimento al significato che la morte ha in generale per questa presenza.

Per Ellen West, discepola di Niels Lihne e perfetta nichilista, la morte significava l’assoluto nulla, cioè non soltanto la negazione, ma l’assoluta nullificazione della presenza. Abbiamo certo visto che la morte per questa presenza si è ripetutamente configurata anche secondo un senso erotico, ad esempio nel desiderio di essere baciata a morte dal fosco e gelido dio-padre troneggiante al di sopra delle nubi e nelle funebri immagini della ‘grande amica’ e della bella signora dai profondi occhi sognanti. Ma in nessun punto troviamo non tanto una prova, quanto un semplice accenno alla possibilità che l’erotismo macabro costituisse un movente del suicidio o anche soltanto del sentimento di felicità di fronte alla morte. Al contrario: con la lettera all’ultima eterea amica, Ellen West prende congedo dall’erotismo come prende congedo da tutto. Non possiamo dimenticare che l’esecuzione del suicidio significa l’ultima azione pratica di questa figura antropologica e che essa deriva appunto dal mondo della prassi, della riflessione e della progettazione e non dal mondo etereo delle fantasie e dei desideri. E se anche sappiamo che ‘dietro’ motivi razionali molto spesso ‘si celano’ desideri emozionali, è proprio il prender congedo a mostrarci, tuttavia, che per Ellen, così come corrispondeva alla sua ‘visione del mondo’ non soltanto scettica ma nichilista, questo ‘prender congedo’ aveva il significato di un ‘congedo per sempre’.

Tutte le indicazioni di cui disponiamo fanno escludere che vi fosse in lei la fede in una qualsiasi continuazione della vita dopo la morte, come anche di un ‘desiderio etereo’ di una simile continuazione. Dobbiamo renderci conto che per Ellen West tutto cessa con la morte, il mondo della prassi quanto il mondo etereo e il mondo sepolcrale. E solo perché Ellen si trova davanti all’assoluto nulla, può sparire ogni problematica (sempre relativa), ogni contradditorietà tra i diversi mondi tra i quali era divisa, e l’esser-ci [Dasein] può ancora una volta divenire pura festa. Ma a differenza della festosa gioia esistenziale come tale, che scaturisce dalla pienezza dell’esser-ci, in quanto come fondamento originario di ogni arte, in Ellen West tale gioia sorge di fronte al nulla e si accende per la prospettiva del nulla. In ciò possiamo riconoscere l’enorme positività che può spettare al nulla nell’esistenza. Dove questo si avvera, come nel caso di Ellen West, la storia della vita si trasforma in particolare misura nella storia della morte, e a buon diritto parliamo di una presenza consacrata alla morte.


Valérie Breuleux, Eros e thanatos (courtesy Nadir Magazien)


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