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Foucault era filo-israeliano?
di Marco Baldino


14 ottobre 2017

Si parla poco dell’anno 1967 nella biografia di Foucault. Eppure aveva alle spalle già la gloria di Storia della follia, di Nascita della clinica, del Raymond Roussel e del best seller Le parole e le cose. Nel 1965 si trasferisce a Tunisi, dove insegna all’università. Il 1967 è però l’anno della guerra dei sei giorni, della sconfitta degli eserciti arabi e dei pogrom anti-ebraici esplosi in tutto il Maghreb. Foucault ne dà notizia, sconcertato, a Canguilhem, in una lettera riportata nella biografia di Eribon. Defert conferma con lettera a Miller i sentimenti filo-israeliani di Foucault. Nel 1969 Foucault rientra in Francia, ma non è chiaro se abbandoni la Tunisia a causa delle violenze antisemite o ne venga espulso perché filosionista, o semplicemente perché gay. Le fonti sul filosionismo di Foucault sono pertanto: Eribon, lettera di Foucault a Canguilhem (1967); Defert: lettera a Miller (1991); Said: confidenze di Deleuze a Said stesso (fine anni ’80).

[JAMES MILLER]
James Miller è uno scrittore e accademico americano, conosciuto soprattutto per la sua biografia filosofica di Michel Foucault. Con riferimento a una lettera del 7 giugno 1967 a Canguilhem, Miller rileva come «più problematica, per lui [Foucault] fu la loro ostilità [degli studenti tunisini], talvolta violenta, nei confronti di Israele. Durante la Guerra dei sei giorni, a Tunisi scoppiò una serie di impetuose agitazioni studentesche antisemite, in parte orchestrate dal governo, che lasciarono Foucault assai scosso e rattristato. A detta di Daniele Defert, “Michel era profondamente filosemita”. Per lui la legittimità dello stato sionista non era neanche da mettere in questione». [1] A pagina 484 (nota 18), Miller scrive: «Si veda la lettera del 7 giugno 1967 scritta da Foucault a Georges Canguilhem e riportata da Eribon nel suo Foucault. [2] Che questa lettera rifletta accuratamente i sentimenti di Foucault è stato confermato da Daniel Defert nella lettera scritta all’autore [Miller], 8 gennaio 1991».

[EDWARD SAID]
Nel gennaio del 1979 Said, scrittore palestinese naturalizzato americano, docente di letteratura comparata alla Columbia University, particolarmente noto per la sua critica al concetto di Orientalismo, fu invitato a Parigi da Jean-Paul Sartre e Simone de Beauvoir per un seminario sulla pace in Medioriente. Il seminario si sarebbe tenuto il 13 e il 14 marzo a casa di Foucault. Ebbene, dice Said:
«Foucault mi fece subito capire che non aveva nulla da dire sull’argomento del seminario e che era anzi in procinto di andarsene, alla Biblioteca nazionale, dove quotidianamente si recava per svolgere il suo lavoro di ricerca. […] Anche se in quell’occasione conversammo intimamente — dice Said — fu solo dopo qualche tempo (in verità quasi un decennio dopo la sua morte, avvenuta nel 1984) che capii perché Foucault non avesse allora nulla da dirmi sulla politica mediorientale. Nelle loro biografie, sia Didier Eribon che James Miller, [3] rivelano che nel 1967 Foucault, che insegnava a Tunisi, aveva lasciato il paese in fretta e furia, poco dopo la guerra di giugno».
Ho proposto, per Said, una mia traduzione perché la traduzione di Termometro politico, dove ho raccolto il testo, prima di controllarne l’originale, censura Miller sostituendolo con David Macey. Macey, nel suo libro Michel Foucault [4] fa riferimento alle “brutte esplosioni di antisemitismo” a Tunisi e allo “sconvolgimento del filo-israeliano Foucault”
«The ugly outbursts of anti-Semitism, which greatly shocked the pro-Israeli Foucault, were in part an expression of a more general unrest» (p. 81),
ma senza appoggiarsi a precisi riferimenti bibliografici. Nella bibliografia generale Macey elenca il libro di Eribon, mentre non vi compaiono né il libro di Miller (1993), né l’articolo di Said (2000). Come fonte per il nostro problema appare quindi di scarso rilievo. Bisogna tuttavia ricordare che David Macey, è autore di un’altra biografia di Foucault: The Lives of Michel Foucault, [5] written with the full cooperation of Daniel Defert, scritto con la piena collaborazione di Daniel Defert, dice il risvolto di copertina. In ogni caso — è sempre Said che parla:
«A quel tempo Foucault aveva detto che il motivo per cui aveva lasciato la Tunisia era stato l’orrore dai tumulti ‘anti-semiti’ e anti-israeliani scoppiati in ogni città araba dopo la grande sconfitta. Un suo collega tunisino del dipartimento di filosofia mi ha raccontato, nei primi anni ’90, una storia diversa: Foucault sarebbe stato espulso a causa delle sue attività omosessuali con i giovani studenti. Non ho ancora nessuna idea su quale sia la versione corretta — aggiunge Said. […]. Da ultimo, alla fine degli anni ’80, Gilles Deleuze mi ha confessato che lui e Foucault, una tempo amici intimi, si erano allontanati a causa della questione palestinese: Foucault sosteneva apertamente Israele mentre lui era per i palestinesi». [6]
Ebbene, sciocca e fuorviante appare questa chiacchiera, come se in Tunisia non vi fosse altra attività omosessuale oltre quella praticata dal professore francese. Pare invece ragionevole supporre che Foucault sia stato espulso perché filo-israeliano in una fase in cui tumulti anti-ebraici esplodevano in tutto il Maghreb. Rivoltante invece il tentativo di suggerire al lettore l’ipotesi che Foucault sarebbe stato espulso dalla Tunisia a causa di un motivo altro e in qualche modo, a quel tempo, infamante. Per fortuna parla chiaro Deleuze: con Foucault abbiamo rotto perché lui sosteneva Israele. Faccio notare, en passant, lo shift Israele/ebreo che corre lungo l’intera ricostruzione: Foucault lascia la Tunisia sconvolto dai “tumulti anti-semiti” che infiammano il Maghreb. Né Said, né Deleuze hanno una parola per la nakba ebraica. Said lascia correre una pettegolezzo, come dire: di certo le autorità tunisine non avrebbero mai espulso un professore francese perché filosemita; Deleuze è invece tutto concentrato a rimarcare il partage: con uno che sta con Israele non si può che rompere. I tumulti antisemiti, che portarono all’espulsione dai paesi islamici di un milione di ebrei, sono, a quanto pare, un fatto del tutto secondario.


[1] J. Miller, Michel Foucault, trad. di E. Campominosi, Longanesi, Milano 1993, pp. 194-195.
[2] D. Eribon, Michel Foucault, Flammarion, Paris 2011 (1989), p. 205, ISBN 978-2-08-081243-8; EAN 9782081218000. https://lectures.revues.org/5216
[3] Vedi: E. Said, “Sartre e la Palestina”, Termometro politico, 03/01/09 https://forum.termometropolitico.it/624989-sartre-e-la-palestina.html
[4] D. Macey, Michel Foucault, Reaktion Books, London 2004.
[5] D. Macey, The Lives of Michel Foucault, Vintage Books, 1993.
[6] E. Said, “Diary”, London Review of Books, Vol. 22, n. 11, 1 giugno 2000, pp. 42-43: https://www.lrb.co.uk/v22/n11/edward-said/diary



Deleuze, Foucault




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