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Civiltà della vertigine | Kasparhauser 11
A cura di Marco Tabacchini




La logica della guerra e l’enigma dello Stato.
Alcune note sulla guerra in Pierre Clastres

di Clara Mogno

Agosto 2015


Pierre Clastres, antropologo francese autore de La société contre l’État, scriveva a penna in uno dei suoi quaderni conservati all’IMEC che “la logique de la guerre est l’énigme de l’État”. Parlare di guerra in Clastres quindi diventa essenziale per capire la struttura e il funzionamento di quelle società “primitive” definite dall’autore come società contro lo Stato. Inoltre, è proprio attraverso un testo sulla guerra, Archéologie de la violence: le guerre dans les sociétés primitives che possiamo leggere e capire la distanza delle analisi proposte da Pierre Clastres da quelle di Claude Lévi-Strauss, al quale l’autore imputa di non considerare la guerra come essenza della società “primitiva” e di dare eccessivo peso alla logica dello scambio.

L’analisi della guerra nelle popolazioni studiate dall’antropologo francese è uno dei punti centrali del pensiero politico clastriano, e forse uno dei più interessanti e problematici. Secondo Clastres, infatti, le società “primitive”, oltre ad essere delle società del rifiuto dello Stato, della divisione tra dominanti e dominati e del potere coercitivo, sono anche, come scrive in Archeologie de la violence, delle società-per-la-guerra. [1] Le sociétés contre l’État, per conservarsi tali e per scongiurare l’unificazione nell’Uno (lo Stato) devono mantenere costante la tensione verso la guerra, motivo per il quale la presenza di un nemico è sempre necessaria. [2] In un certo senso si potrebbe dire che per Clastres il momento in cui la società “primitiva” perde la capacità di nominare i propri nemici la société contre l’État perde la propria esistenza, l’indipendenza e l’immagine della propria unità. Immanenti all’essere sociale “primitivo”, il conflitto e la violenza guerriera fanno in modo che ogni comunità possa mantenere la propria autonomia di totalità una, la quale è sempre in relazione con il molteplice, risultato della logica centrifuga propria della guerra primitiva, contro quella macchina di unificazione che costituisce lo Stato. [3]

In primo luogo può essere opportuno cercare di capire la logica del pensiero clastriano, analizzando brevemente le definizioni di potere, di società e di guerra, definizioni strettamente connesse tra loro. Secondo l’antropologo le manifestazioni possibili del potere sono due, due le modalità di gestione di quest’ultimo che determinano e caratterizzano le diverse possibili strutturazioni della società. Il potere per Clastres può essere coercitivo — e quindi espressione di una relazione basata su una parola che è comando e che divide la società in dominanti e dominati — o non coercitivo. Nel primo caso la società sarebbe divisa nei due soggetti della relazione di comando-obbedienza, vi si darebbe cioè una distinzione tra chi comanda e chi obbedisce. Il potere non coercitivo invece, esercitato dallo chef indiano attraverso una parola vuota e impotente, sarebbe caratteristico di quelle società che sono contro l’insorgenza dello Stato e contro le determinazioni che quest’ultimo comporta secondo l’antropologo. La società del lemma société contre l’État manterrebbe in sé il potere e si darebbe quindi come indivisa, omogenea, e, per questo motivo secondo Clastres, al suo interno non vi sarebbero rapporti di dominazione, in quanto non si darebbe un organo di potere separato dalla società. In un certo senso, le sociétés à État sarebbero delle società della trascendenza, mentre le altre delle società dell’immanenza, nelle quali il potere viene mantenuto all’interno della società stessa.

Il soggetto della chefferie, il dispositivo creato dalla società per scongiurare il potere coercitivo, cioè per evitare che il potere si separi dalla società, è appunto lo chef, il capo. Per accedere a tale statuto il soggetto deve fare prova di possedere tre caratteristiche principali: la generosità, la capacità oratoria e l’abilità in guerra. [4] Solo chi si distingue in guerra può accedere al ruolo di chef o esserne un lieutenant.

In Malheur du guerrier sauvage, Clastres scrive che, contrariamente all’opinione diffusa secondo la quale lo chef non deterrebbe alcun potere tranne che in tempo di guerra, nella società primitiva contro lo Stato «la guerra non più della pace, non permette al capo di fare il capo». [5] In altri termini, il potere coercitivo non è ammesso nemmeno all’interno della dimensione della guerra ma è continuamente disinnescato nella sua insorgenza. La società guerriera, sottocategoria della società primitiva individuata da Clastres, governa inoltre il desiderio di prestigio che muove i guerrieri, i quali costituiscono un gruppo sociale speciale detentore di un quasi monopolio della capacità militare della società. Nel caso in cui il guerriero, «l’homme de l’insatisfaction permanente», volesse prendere il potere determinando una scissione tra potere e società (e quindi aprendo alla trascendenza) incontrerebbe l’esclusione dalla tribù e, in un certo senso, la morte per mano della società. [6] In questo allora consiste per Clastres l’infelicità del guerriero selvaggio: la vertigine del desiderio individuale di prestigio e di gloria lo porta alla propria fine e lo rende, nel suo essere, un essere-per-la-morte. [7] Se la società contro lo Stato è una società-per-la-guerra è, paradossalmente, allo stesso tempo e per le stesse ragioni, una società contro il guerriero, una società che governa quindi il desiderio individuale di prestigio in nome di quell’indivisione e di quell’omogeneità che le assicurerebbero secondo Clastres la salvezza dalla diseguaglianza e, di conseguenza, dal malencontre con l’État.


[1] P. Clastres, Recherches d’anthropologie politique, Paris, Seuil, 1980, p. 206. «La machine de guerre, c’est le moteur de la machine sociale, l’être social primitif repose entièrement sur la guerre, la société primitive ne peut subsister sans la guerre. Plus il y a de la guerre, moins il y a de l’unification, et le meilleur ennemi de l’Etat, c’est la guerre. La société primitive est société contre l’Etat en tant qu’elle est société-pour-la-guerre».

[2] Questo porta Clastres a scrivere a p. 204: «La guerre est le mode d’existence privilégié de la société primitive en tant qu’elle se distribue en unités socio-politiques égales, libres et indépendantes: si les ennemis n’existaient pas, il faudrait les inventer».

[3] Ivi, p. 209. «Immanente à l’être social primitif, donnée immédiate et universelle de son mode de fonctionnement, la violence guerrière apparaît dans l’univers des Sauvages comme le principal moyen de conserver dans l’indivision l’être de cette société, de maintenir chaque communauté en son autonomie de totalité une, libre et indépendante des autres: obstacle majeur dressé par les sociétés sans État contre la machine d’unification que constitue l’État, la guerre appartient à l’essence de la société primitive». Ma anche ivi p. 204: «La guerre primitive, c’est le travail d’une logique du centrifuge, d’une logique de la séparation, qui s’exprime de temps à autre dans le conflit armé».

[4] È necessario ricordare che la guerra è un’attività maschile: di conseguenza, per aver accesso allo status di chef è necessario appartenere al sesso maschile. Clastres non fa distinzione tra le categorie di sesso e di genere e sottolinea a più riprese che sono gli uomini ad essere guerrieri e non le donne.

[5] Ivi, p. 210. «En d’autres termes, la guerre pas plus que la paix, ne permet au chef de faire le chef».

[6] Ivi, pp. 217-218. «Pas plus qu’aucune société primitive, la société guerrière ne permettrait à la division sociale de briser l’homogénéité du corps social; elle ne laisse pas les guerriers s’instituer comme organe d’un pouvoir politique séparé de la société, elle ne laisse pas le Guerrier s’incarner dans la figure nouvelle du Maître».

[7] Ivi, p. 237. «Le guerrier est, en son être, être-pour-la-mort». Clastres accetta senza problematizzare il binarismo sessuale e di genere (categorie che sembrano coincidere e che non sono distinte nel pensiero dell’antropologo): se il guerriero è nel suo essere un essere-per-la-morte, specularmente la donna deve essere un essere-per-la-vita ed è completamente assorbita dalla logica della riproduzione.



Da: André Theuet, Les singularitez de la france antarctique autrement nommée amérique, Paris, 1558

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