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Cacciari e il Gesù di Nietzsche*
di Marco Baldino

8 aprile 2017


I. Cristianesimo

Il cristianesimo costituisce per Nietzsche un problema. Problema non è riconducibile a quello dell’anti-cristianesimo. Le dichiarazioni di guerra nietzschiane contro il cristianesimo contenute nelle citazioni canoniche vanno intese non come reazione paganeggiante (propria invece di taluni continuatori), ma come relazione e colloquio.
La tesi di Nietzsche è che il cristianesimo è cosa del tutto diversa dalla figura del Cristo, anzi dalla figura di Gesù, la quale si riconnette invece all’«enigma» dell’Oltreuomo, è prefigurazione dell’Oltreuomo, mentre il Cristo è figura già compromessa con la teologia, con le esigenze ecclesiastiche e religiose.
Il cristianesimo per Nietzsche è in continuità con un certo platonismo, quello della condanna del mondo e del suo abbandono alla pura corruzione (elemento cruciale per Nietzsche). Il sistema fede-speranza travolge ogni immutabile e rende instabile ogni sapere. L’interiorizzazione di ogni fare formante lascia sprotetto l’ente a solo vantaggio del soggetto. Il cristianesimo è quindi parte integrante, e costitutiva, della decadenza che perverte l’umanità occidentale e riduce il valore supremo (la vita) a nulla (nichilismo). In quanto fattore del nichilismo europeo il cristianesimo è pertanto l’orizzonte dell’annuncio della morte di Dio.
Tuttavia il cristianesimo non si sviluppa né in un compiuto ateismo, né in un pensiero dell’oltre, bensì, in primo luogo fa della morte di Dio una nuova affermazione del sovrasensibile. Poi, una nuova teologia, cioè una nuova sapienza ecclesiastico-filosofica, agganciata ad ebraismo ed ellenismo (già i Vangeli sono corruzione e fraintendimento — L’Anticristo, af. 44). Poi un nuovo ordine sacro, una nuova risoluzione liturgica, cioè una nuova religione.
In secondo luogo l’annuncio della morte di Dio si ingaglioffisce nella figura dell’ultimo uomo, l’uomo del mercato (è infatti qui, nel mercato, che la ricerca di Dio divine opera dell’uomo folle e, come tale, derisa dalla folla).
In terzo luogo l’annuncio della morte di Dio si traduce nelle forme «consolatorie» di una morale [notare la convergenza con Kierkegaard].
Solo una «corretta» interpretazione del pensiero di Nietzsche permette di cogliere la distinzione, da lui operata, tra cristianità e cristianesimo — così Cacciari. Tra Gesù e la teologia, Nietzsche stacca la figura di Gesù dal cristianesimo e la lascia agire entro il proprio vocabolario.
È importante osservare che Nietzsche sembra fare riferimento ad un nucleo originario di verità che il cristianesimo avrebbe adulterato.

[Personalmente ritengo che il cristianesimo sia meno colpevole di quanto Nietzsche lo reputi e, in ogni caso, dubito che si possa raggiungere un nucleo originario di verità. Staccando però la figura del Cristo da ebraismo ed ellenismo, dalla teologia e dalle istanze ecclesiastiche, dalla filosofia e dal problema del katéchon, non sommariamente, come fa Nietzsche, ma con il bisturi della critica storica, credo sia possibile isolare non un nucleo originario di verità, ma un nucleo non ancora pensato e possibile nel quadro del cristianesimo e, per quanto mi riguarda, addirittura nell’ambito del cattolicesimo].


II. Gesù

Il Gesù di Nietzsche è essenzialmente quello che dice: non resistere malo (Mt 5, 38-39), “non resistere al malvagio”, interpretato da Nietzsche come un «non poter dire “no” a nessuna presenza, ovvero nell’accogliere tutta la vita come vita vera ed eterna». Gesù non propone un nuovo modo di concepire e di giudicare; Gesù non è un saggio, non fonda un’etica, ma un positivo accogliere, un dire “sì” — Gesù è piuttosto un agire che un pensare. Poi: Gesù non è quello che promette la vita, ma quello per cui la vita si dà qui ed ora (come «vita nell’amore… senza riserve e senza esclusioni» — Ant., af. 29). Il nucleo dell’annuncio di Gesù sarebbe dunque che non esistono più contrasti (Ant., af. 32) [non si dà più negatività, l’attività del negare il mondo]. Inoltre Gesù non ha più nulla a che vedere con la sequenza “peccato-castigo-ricompensa” [giustizia retributiva, pensiero fariseo], perché è eliminata ogni idea di distanza tra Dio e uomo [a me pare di poter interpretare questa “eliminazione” di distanza come desacralizzazione e, soprattutto, come “profanizzazione”]. Gesù non ha più nulla a che spartire con ciò che «ciò che è stabilito», «decretato», «ritenuto immutabile», perché sta al di fuori da ogni religione, da ogni culto [da ogni Legge]. Così non ha nulla a che vedere con i sofismi ecclesiastico-filosofici intorno a un Dio persona, a un Regno dei cieli, a un dogma trinitario: norme, comportamenti, politica, istituzioni ecclesiastiche sono in aperto contrasto con l’annuncio. Gesù è il suo agire, la vita che egli mostra, il suo contegno davanti ai giudici … «mai difendersi, mai sdegnarsi, mai maledire — amare soltanto» (Ant., af. 34) [la sua parresia], ha qualcosa del Freigeist, dello spirito libero (cfr. Ant., af. 34). Infine Gesù si esprime, essenzialmente, nell’affermazione secondo cui «Il regno di Dio non viene perché… In voi, infatti, è …» (Lc 17, 20-21); «Il Regno è pervenuto in voi» (Mt 12, 28); si esprime cioè essenzialmente nella parola rivolta al ladrone sulla croce: se tu lo senti (risponde il redentore) tu sei in Paradiso (Ant., af. 35) [vedi appendice]. Il che significa che ogni attesa, ogni futuro, ogni apocalisse sono cancellati, il Regno è qui (in noi) ed è ora [presente, nell’attimo presente], tolto sia all’alterità ontologica dell’altro mondo sia al katéchon, alla dilazione, alla riapertura del sacro, alla riammissione dell’ordine sacerdotale, allo sviluppo di una pastorale e a tutto ciò che “attesa” implica e significa. Quindi il passo successivo non potrà più insistere nella dimensione religiosa, perché la dimensione religiosa è appunto compiuta. Gesù è il compimento della dimensione religiosa, colui che la chiude, che la termina.


III. Oltreuomo

Nell’economia dell’Anticristo, Gesù è l’anello fondamentale che conduce all’Oltreuomo. L’Oltreuomo non indica la vittoria della visione antropocentrica che sta a fondamento del nichilismo europeo, ma ciò che apre a una dimensione che sta oltre la storia [occidentale, con la sua logica nichilistica] e che, in-sistendo su di essa, la oltre-passa. L’Oltreuomo è compimento della volontà di potenza e, quindi, anche dismissione della figura della soggettività. Nietzsche chiama “tramontanti” coloro che annunciano tale compimento. Il problema è chi sia in effetti colui che saprà fare ciò che i tramontanti annunciano (cfr. Ant., af. 11a). L’Oltreuomo, a questo punto, è ancora una figura vuota, però dice già:
  1. Che l’uomo dell’oltre agirà al di là di ogni schema di scopo (per questo il suo agire sarà innocente — vedi figura del fanciullo in Zarathustra);
  2. Che sarà contraddistinto dallo stigma del servizio (serve solamente, non trattiene nulla di sé, trabocca agli altri), è cioè “misura di amore”, di philia, di giustizia.
  3. Ora, il pieno con cui Nietzsche sostanzia la figura dell’Oltreuomo è appunto Gesù. Gesù è l’uomo nobile per eccellenza, l’uomo che incarna già una misura dell’oltre ogni umano.

IV. Semper adveniens

La figura di Gesù crea però un intoppo (cfr. Ant., af. 39): la misura dell’Oltreuomo appare infatti come un’impossibilità storica: l’Oltreuomo è infatti il custode del semper adveniens, dell’apertura all’altro e all’oltre della storia, è libertà da ogni fissazione; mentre in Gesù l’annuncio è radicato in una storia, inseparabile da essa, e la croce è il simbolo di questo radicamento.

Per superare tale difficoltà Cacciari ragiona in questo modo:
  1. Ciò che va anzitutto compreso è che Nietzsche oppone Gesù non solo al cristianesimo, ma alla figura stessa del Cristo, staccandolo radicalmente da Paolo: per Nietzsche il Cristo è figura meramente teologica, un artificio ecclesiastico-filosofico che nasconde il senso [vero? autentico?] della parola di Gesù, compromettendolo da un lato con l’ebraismo e, dall’altro, con l’ellenismo (cfr. M. Cacciari, “Il Gesù di Nietzsche”, Micromega, 5/2000, p. 200). All’opposto, Gesù è figura anti-cristica, ossia: 1) manifesta qui ed ora il tempo della fine; 2) e perciò smaschera l’artificio ecclesiastico-filosofico che, dilazionando il tempo, nasconde il senso dell’annuncio.

  2. La seconda cosa che va compresa è che se Oltreuomo e Gesù cozzano, perché la salute del primo consiste nel perfetto non-dipendere (essa è il prodotto di un auto-destinarsi dell’uomo stesso. Trascendersi è capacità dell’uomo. L’Oltreuomo non concepisce libertà se non come auto-liberazione. Regno di Dio significa che l’uomo, oltrepassandosi, si fa capace della propria libertà) mentre il proprio di Gesù è l’umiltà — divenire capaci di oltrepassamento cozza infatti con l’umiliazione dell’uomo che si esprime nella croce — ma non come cozzano Gesù e cristianesimo: il cristianesimo è l’insorgere del pessimismo dei deboli, mentre Gesù annuncia la beatitudine di quel “saper traboccare” e “tutto accogliere” che è indice dell’Oltreuomo.
L’Oltreuomo esprime, nel problema dell’oltre, il problema dell’andare-al-fondo della Volontà di potenza che è anche un andare-a-fondo della Volontà di potenza, nel senso che la Volontà di potenza, nell’andare al suo proprio fondo, cercando l’oltre, non può essere che contraccolpo a se stessa; al suo fondo la volontà di potenza è cioè “volontà di dimettersi” o anche “volontà di liberazione di sé”.


V. Trasvalutazione

I tramontanti (o uomini superiori) sono quelli che esauriscono un’epoca e che, dentro tale esaurimento, rendono pensabile l’oltre. Il compimento della Volontà di potenza nel suo andare al fondo di se stessa, il suo rivolgersi contro se stessa e il suo dismettersi (con i tramontanti), è la morte dell’uomo nella realizzazione del «cervello sociale» — così Cacciari. Tale oltre non potrebbe essere infatti compreso sulla base della concezione dell’essere dell’ente come volontà — per questo occorre una trasvalutazione del fondamento di tutti i valori, cioè dell’uomo che pensa l’essenza dell’ente come volontà, perché la volontà è appunto im-potente dinanzi al problema dell’oltre.


APPENDICE

Lc 23, 43
«amén soi lego sémeron met’emou ése [en] to pardeíso»: in verità ti dico oggi sarai con me nel paradiso.

L’interpretazione di Nietzsche, nella traduzione di Ferruccio Masini, suona così: se lo senti [amén] tu sei [sémeron ése] in paradiso [(en) to paradeíso] (cioè) anche tu sei un figlio d’Iddio [met’emou].

Parafrasi ns: se tu sei certo [amén], sei ora (sarai ora, adesso sarai, oggi stesso) [sémeron ése] in paradiso | con me, (cioè) come me sei (figlio di Dio) [met’emou].


* Questo testo è un appunto che l’autore ha steso nel 2001, durante la lettura del saggio di Cacciari e adattato per la pubblicazione in Kasparhauser-Ateliers nel marzo del 2017.



El Greco, San Giovanni Evangelista, 1610-1614


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