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Le forme dello sdoppiamento nei Testi-genesi di Raymond Roussel [*]
di Hermes Salceda
(Traduzione di Giuseppe Crivella)
5 luglio 2022
1. Introduzione.
La ventina di racconti a procedimento primitivo di Raymond Roussel (1877-1933) probabilmente redatti tra il 1897 e il 1907 e pubblicati in seguito nell'opera postuma Comment j'ai écrit certains de mes livres (1935) offre un ventaglio di soluzioni narrative e testuali capaci di risolvere un'equazione linguistica apparentemente semplice. Si tratta nello specifico di raccordare tramite una storia due frasi quasi identiche (più o meno sulla base di una lettera), ma dotate di significati differenti, le quali aprono e chiudono i vari testi. La sfida di questo modo di produzione scritturale potrebbe riassumersi evocando la ricerca di soluzioni narrative e materiali abbastanza avare in termini di mezzi seppur efficaci, in grado di rendere compatibili, su di una stessa catena narrativa e all'interno di un medesimo spazio testuale, gli universi semantici e immaginari che ogni enunciato proietta individualmente. Lo sdoppiamento finzionale sembra offrire una soluzione soddisfacente per quanto riguarda queste queste esigenze legate ai vincoli rousselliani.
Presente sotto le sembianze delle finzioni incassate, esso si situa in maniera più generale nel quadro di uno sdoppiamento della rappresentazione che deve comprendere, a mio giudizio, sia le diverse forme dell'incassamento, sia il caso in cui la natura stessa degli esseri (animati o inanimati) sia soggetta a trasformazioni, senza che vi sia necessariamente una messa in campo di un secondo racconto.
In questo modo vedremo sovente gli oggetti cambiare funzione, i personaggi travestirsi o figurare su delle rappresentazioni grafiche accuratamente descritte, una stessa struttura riapparire in punti remoti del testo, in uno stesso racconto forme di rappresentazione moltiplicarsi (teatro, quadri, storie, poemi.) come se l'esplorazione dei rapporti tra la forma e il senso rendesse particolarmente difficile la messa in campo di finzioni omogenee. Tutte queste forme afferenti ad un grado crescente di complessità e i rapporti che le rappresentazioni sdoppiate intrattengono saranno, ben inteso, strettamente legate da una parte alla distanza semantica che separa le frasi polari e dall'altra al grado di complementarità semantica dei termini di cui si compongono.
2. Le finzioni incassate.
Nella sua prima formulazione, detta primitiva, il procedimento di Roussel fonda la sua inventività finzionale sulla disposizione ai poli del racconto di due enunciati quasi isomorfi, a cui sono attribuiti dei significati a seconda dei casi più o meno divergenti. Ad esempio, con queste tre coppie di enunciati l'autore scrive: Parmi les noirs, Les anneaux du gros serpent à sonnettes et La peau de la raie:
1. Les lettres (graphèmes) du blanc (craie) sur (dessus) les bandes (bordures) du vieux (usagé) billard.
2. Les lettres (missives) du blanc (humain) sur (à propos de) les bandes (hordes) du vieux (âgé) pillard.
1. Les anneaux (enroulement) du gros serpent (reptile) à sonnettes.
2. Les anneaux (boucles d'oreille) du gros serpent (musicien qui joue un instrument à vent) à sonnets.
1. La peau (épiderme) de la raie (poisson) sous la pointe (péninsule) du Rayon-Vert.
2. La peau (épiderme) de la raie (séparation des cheveux) sous la pointe (extrémité) du crayon vert.
Una volta posti gli enunciati polari che da ora in poi chiamerò matrici insieme alle loro interpretazioni, la sfida del procedimento consisterà nel tendere un nesso finzionale dall'uno all'altro, utilizzando il minor numero di parole possibile e nel più stretto rispetto delle regole di verosimiglianza. Il rispetto della verosimiglianza richiede alla scrittura, sulla base del procedimento primitivo, di creare una catena narrativa e uno spazio semantico [2] che renda compatibili gli universi che ogni matrice permetterebbe di immaginare individualmente.
In effetti, in base alle matrici di Parmi les noirs, la storia di un giocatore di biliardo che scrive sui bordi del suo tavolo sembra all'inizio senza rapporto con quella della missive di un uomo bianco relativo alle orde di un bandito attempato. Per assemblare questi due racconti possibili, il vincolo rousselliano esclude le soluzioni di facilità, come impilaggio di aneddoti sprovvisti di ogni rapporto logico tra di essi o il ricorso al racconto di meraviglia nel quale gli incontri più inverosimili sono autorizzati e non hanno bisogno di essere giustificati. Seguendo il procedimento primitivo, la scrittura limita anche la lunghezza della finzione destinata ad assicurare il nesso tra le matrici. In effetti, cominciare e finire con la medesima frase un romanzo di duecento pagine sembra un esercizio senza interesse. Pertanto, dal punto di vista narrativo, una soluzione economica per raccordare le frasi polari sembra essere quella di inscatolare l'una nell'altra le due finzioni che esse permettono di immaginare.
Tale tecnica, che si chiama mise en abyme, secondo Lucien Dällenbach, «punta, per analogia, a riferire l'una all'altra due serie di eventi», che si presenteranno sotto la forma di un racconto secondo incassato in un racconto dominante [3]: in Parmi les noirs il riassunto di un romanzo si inserisce nel racconto di un pomeriggio consacrato ad alcuni giochi di società; ne La peau de la raie la storia di una battuta di pesca è interrotta dalla leggenda della penisola del Rayon Vert; in Une page du du folklore breton e Les taches de la laine la descrizione di una serie di incisioni dà luogo alla storia di Jeanne d'Arc rivisitata tramite il procedimento.
Tale dispositivo comporta il più delle volte una rottura della linearità temporale e l'apparizione di una nuova istanza narrativa. Così, in Parmi les noirs il riassunto della storia del naufrago bianco raccontato in terza persona si distingue nettamente dal racconto dominante in prima persona, che si limita a riportare gli svaghi di un gruppo di amici in un giorno di pioggia. Non mi attarderò in un'analisi dettagliata del funzionamento di questa categoria di racconti, di cui ho avuto modo di studiare altrove la problematica.
Ricordiamo soltanto che in questi casi il testo mette in campo, con il racconto incassato, un impeccabile specchio della finzione incassante, così da ottenere, come l'aveva già mostrato Ricardou per Parmi les noirs, una narrazione perfettamente circolare [4]. Riprenderò l'esempio de La peau de la raie in cui vediamo il modo in cui i temi principali della storia incassante sono ripresi nella finzione incassata.
Storia del narratore | Leggenda della penisola del Rayon Vert |
Il narratore è pescatore. | I due protagonisti sono pescatori. |
Il narratore torna a mani vuote. | Ouragan non può sposare Cime a causa della propria povertà. |
Il narratore cattura un grosso pesce. | Ouragan trova un diamante nel ventre di un pesce. |
Sulla caricatura la figura del narratore è coperta dal raggio verde. | I due protagonisti vedono il raggio verde. |
Il narratore osserva l'andirivieni di un pesce. | Cime e Ouragan vedono il sole affondare nel mare. |
Descrizione dettagliata dei capelli del narratore. | Cime bacia i capelli di Ouragan. |
La mise en abyme per manifestarsi preferisce darsi la scusa di un racconto nettamente diverso da quello in cui è incassato, spesso attraverso parabole, miti, leggende che arricchiscono e/o svelano, in un modo o nell'altro, il senso del racconto primo, come l'oracolo rivela il destino di Edipo. Ma l'analessi esplicativa, sebbene prenda il tempo di uno sviluppo sufficiente, può anche funzionare come una mise en abyme. Essa pertanto tradisce in qualche modo la sua natura di retrospezione fortemente dipendente dal racconto primo; in tal maniera essa acquista una certa indipendenza narrativa. Così, in Nanon lo statuto del racconto degli amori giovanili di Sylvestre in Bretagna risulta ambiguo nella misura in cui esso si presenta come una storia strutturalmente chiusa, anche se la morte dell'amante è offerta come spiegazione dell'esilio dell'eroe.
Ma è questa relativa indipendenza rispetto alla storia dominante che gli permette di sdoppiarla, recuperandone i motivi principali: i capelli, gli orecchini, le piccole manciate di tabacco, i versi di Hérédia, l'insistenza sulle ondulazioni della tromba, l'amore di Sylvestre per il folklore, la scrittura di versi. Les anneaux du gros serpent à sonnettes, che è soltanto una versione più semplice dello stesso testo, corrisponde a questo funzionamento. Con tali dispositivi a specchio, a cui si aggiungono un'istanza lessicale sui principali campi tematici e delle ripetizioni calcolate, il testo cerca di dotarsi di una forte coesione che facilita la coesistenza dei due universi finzionali, a priori incompatibili. È tale sfida che in modo rigoroso interessa la scrittura a procedimento, consapevole del fatto che la giustapposizione di due storie eterogenee, sebbene il testo inizi e finisca con due frasi paronimiche, non esige una grande abilità.
Abbiamo appena visto che l'incassamento finzionale offre una soluzione efficace ed economica al fine di rendere compatibili due racconti, inizialmente sprovvisti di rapporti tra di loro. Ma la mise en abyme, in quanto inserzione di una specie di corpo estraneo nel racconto, può rivelarsi nociva per quanto riguarda il patto di omogeneità sul quale riposa la mimesis realista: all'inizio interrompendo l'isotopia enunciativa tramite l'introduzione del racconto di una nuova istanza narrativa, dal momento che il lettore non può accordare credibilità ad un discorso che gli è apertamente presentato come dipendente dalla funzione.
In seguito, il rapporto di subordinazione richiesto dalla mise en abyme può trovarsi rovesciato se il racconto incassato diventa troppo lungo. Ora, è esattamente ciò che si produce nei testi a procedimento primitivo, in cui la finzione incassata occupa tanto spazio quanto quella che la riceve. Infine, le similitudini che si istituiscono tra il racconto incassato e il racconto dominante rischiano di compromettere seriamente la credibilità di quest'ultimo: se esso rassomiglia a una finzione è perché esso stesso è una finzione [5].
Alla luce del suo funzionamento la mise en abyme tende a denudare i meccanismi della mimesis realista e a mettere in evidenza il carattere costruito della finzione, ovvero la letteralità del testo. Come ricorda Bernard Magné in una ricostruzione storica della questione, ciò ha dato luogo negli anni '70 ad un impiego generalizzato della nozione di mise en abyme al fine di designare ogni sorta di «ressemblance entre un élément de la fiction et un élément de la narration» [6]. Una generalizzazione senza dubbio semplificatrice, che tuttavia riposa sulle reali possibilità della mise en abyme, per evocare, per analogia, i funzionamenti materiali del testo. In tal modo essa integra «l'ensemble des mécanismes réflexifs» il cui oggetto è dato dal «code du texte» di cui dà conto, per Bernanrd Magné, la nozione di metatestualità [7].
Le connotazioni metatestuali della mise en abyme sono evidenti nei testi a procedimento primitivo di Roussel, in cui esse offrono una controparte finzionale allo sdoppiamento di senso su cui si fondano le matrici. Se l'incassamento finzionale è una delle modalità di sdoppiamento tramite cui la scrittura a procedimento risolve in maniera soddisfacente la transizione tra matrici, esso è tuttavia presente solo nei testi appena citati. Altrove esso prende delle sembianze meno spettacolari dal punto di vista della narrazione, ma che, moltiplicando i riflessi finzionali, provocheranno degli effetti metatestuali affini.
Io collocherò da parte mia sotto la categoria dello sdoppiamento un ricco insieme di strategie narrative e testuali che la scrittura a procedimento utilizza per assicurare la transizione tra le matrici e la coesione semantica del testo: il caso in cui la finzione mette in campo uno specchio interno tramite tutta una sorta di rappresentazioni iconiche attentamente descritte (disegni, caricature, ritratti), l'inserzione nel racconto di altri codici di rappresentazione come la poesia, i vari spettacoli che possono costituire senza preavviso il quadro della diegesi, i casi in cui dei passaggi remoti nel testo recuperano una medesima struttura materiale ed infine i casi in cui lo sdoppiamento stesso costituisce la materia del racconto tramite la mise en abyme di mutazioni o di trasformazioni diverse che possono subire gli animati o gli inanimati.
Le varie forme di sdoppiamento possono essere dominanti in un racconto concreto come, ad esempio, ne Le vol des petits papillons, ma più spesso uno stesso testo ne metterà in gioco molteplici: La frange d'or de la petite Paulette combina la figura di travestimento, quella della rappresentazione iconica e l'inserzione di un poema nel testo. Per evitare che l'apparizione di una simile eterogeneità danneggi tanto l'effetto di verosimiglianza che esso deve rispettare, quanto la sua coesione interna, il racconto si sforzerà di gerarchizzare le rappresentazioni moltiplicando le rassomiglianze che le saldano le une alle altre. Soltanto, come vedremo, più le rappresentazioni tendono a proliferare più le gerarchie tra di esse tendono ad indebolirsi.
3. Riflessi molteplici.
La transizione finzionale tra le matrici si effettua in un certo numero di racconti attraverso la realizzazione di un disegno, molto spesso caricature ispirate da un aspetto della finzione. Come ripresa di una parte della finzione nella quale essi si manifestano, i disegni rinviano a ciò che Lucien Dällenbach chiama énoncés réflexifs intradiégétiques che si caratterizzano per una subordinazione totale alla temporalità e all'istanza narrativa del racconto primo [8]. Tuttavia le descrizioni dei disegni configurano uno spazio testuale circoscritto in maniera molto netta, che in tutta franchezza ha la pretesa di servire da specchio rispetto a certi elementi della finzione che li accoglie. Esse pertanto sono con quella in un rapporto di dominato a dominante, come lo sono le finzioni incassate con quelle che le ricevono.
In primis, se nel caso dei disegni non si dà instaurazione di una nuova temporalità in seno al racconto, quest'ultima resta comunque provvisoriamente sospesa; ciò capita spesso con le descrizioni. In seguito, i disegni sono necessariamente nella posizione di una rappresentazione seconda in relazione agli elementi che essi tentano di rappresentare.
3.1. La funzione narrativa dei disegni.
La primissima funzione delle descrizioni dei disegni consiste nell'assicurare la transizione tra le matrici attraverso la ripresa di un aspetto della finzione dominante motivandone l'ultima frase. Per questo motivo i disegni configurano uno spazio testuale particolarmente ricco ove si incrociano i principali campi semantici delle matrici. In tal modo ne La halte la descrizione della caricatura pullula di termini prelevati dai sistemi descrittivi del nutrimento e della pioggia:
Boccaresse s'était inspiré pour son sujet de notre malencontreuse promenade: une dizaine de personnes assises par terre sur le haut d'une falaise déjeunaient en rond sous une pluie battante; chaque tête disparaissait entièrement sous un parapluie tenu à la main gauche, pendant que la main droite brandissait une fourchette ou une cuiller; quatre ou cinq marmitons, s'abritant chacun sous un énorme riflard, se suivaient par rang de taille, apportant des plats gigantesques montés avec beaucoup d'art; le plus petit marchait en tête, succombant sous le poids d'une volaille plus grosse que lui; à la place qu'il occupait l'averse semblait particulièrement violente; l'ondée cinglait son parapluie, sur lequel l'eau rejaillissait à une hauteur prodigieuse; il y avait là une exagération flagrante, et je m'étonnais que Boccaresse ne s'en fût pas aperçu. Je résolus de lui en faire l'observation [.]. Le choc des gouttes sur le pépin du mitron [9].
Tale imbricazione reciproca degli universi semantici del nutrimento e della pioggia sintetizza il percorso stesso di un testo che si apre tramite enunciato in cui domina il nutrimento e si chiude su un altro in cui domina la pioggia: «le choc des gouttes (de jus/d'eau) sur le pépin (graine/parapluie) du c/mitron».
Ne La régularité des mailles la descrizione della caricatura del giovane Aristide sul quale vediamo un filet teso dall'enorme pesce che esso contiene realizza efficacemente l'unione dell'universo dei lavori d'ago dominate nella prima matrice (La régularité des mailles sur l'écaille du crochet) a quello della pesca dominante nella seconda (La régularité des mailles sur l'écaille du brochet) grazie alla polivalenza semantica della parola /filet/, i cui significati si ricollegano ai due domini in gioco. Per esempio, nella citazione seguente si incrociano, grazie ai termini /losanges/, /fils/, /queue/, /trame/, i campi semantici della pesca e della sartoria.
les losanges formés par les fils s'étalaient dégingandés et déformés surtout au milieu; vers le bas, la queue s'amincissant, la trame devenait plus épaisse [11].
D'altronde, in una delle sue accezioni, la parola /filet/ designa anche una linea di scrittura che ne fa un termine adatto a favorire le connotazioni metatestuali [11]. Lo vediamo nella frase precedente, in cui la lessia «vers le bas [...] la trame devenait plus épaisse» si riferisce nella finzione ai fili del filet disegnato da Aristide, ma connota la densità semantica che acquisisce proprio il testo in questa descrizione che precede la sua chiusura.
3.2. La mise en abyme dell'enunciazione e la metalessi.
I disegnatori di Roussel si mostrano preoccupati dalla rassomiglianza tra la loro opera e il suo modello, al punto che il loro desiderio di perfezione li conduce a volte all'esagerazione deformante. Ora, la minima differenza che separa il disegno dal suo modello è messa in risalto in ogni caso da un narratore che osserva pieno di ammirazione e che si trova in relazione all'oggetto contemplato in una posizione simmetrica rispetto a quella del lettore in relazione al racconto di Roussel.
In effetti, in quanto opera d'arte, essi implicano l'introduzione nel racconto di un personaggio di produttore e di un personaggio di ricettore e pertanto la messa in scena finzionale dell'enunciazione del testo che stiamo leggendo. È grazie all'esistenza di questa mise en abyme dell'enunciazione che noi potremo postulare un'analogia tra l'attitudine del narratore intradiegetico, che percepisce uno strappo minimale nel disegno, e quella del lettore che, giunto al termine della sua lettura, percepisce la differenza di forma e di senso, la quale separa le due matrici.
Una differenza altrettanto importante quanto quella che esiste tra la scena di apertura ed un disegno che riprende gli stessi elementi per creare una scena totalmente differente. La mise en abyme dell'enunciazione, per l'analogia che essa crea tra l'universo intradiegetico e l'universo extradiegetico può essere accostata al fenomeno di trasgressione dei livelli narrativi che Dörrit Cohn propone di chiamare metalessi interiore, definita in questo modo:
je nomme métalepse extérieure celle qui se produit entre le niveau extradiégétique et le niveau diégétique, c'est-à-dire entre l'univers du narrateur et celui de son histoire (esempio: The French Lieutenant's Woman). Je nomme métalepse intérieure celle qui se produit entre deux niveaux de l'histoire elle-même, c'est-à-dire entre une histoire primaire et une histoire secondaire ou entre une secondaire et une tertiaire (esempio: At Swim-Two-Birds) [12].
Questa distinzione di Dörrit Cohn risulta rilevante dal momento che essa pone le condizioni per stabilire un legame tra la metalessi come intervento del narratore extradiegetico nella diegesi e la mise en abyme. L'accostamento tra le due figure è possibile quando il narratore intradiegetico interviene nella storia che racconta all'interno della storia ove compare come personaggio. A nostro giudizio è una situazione simile che ritroviamo nei testi di Roussel, allorché il narratore intradiegetico prende in carico la descrizione di un'opera d'arte in corso o quando offre la sintesi di un romanzo, senza esitare ad interromperla con dei giudizi di valore.
Sia che si tratti di mise en abyme dell'enunciazione che di metalessi interiore, in ogni caso noi siamo di fronte a fenomeni di trasgressione delle gerarchie narrative che favoriscono la comunicazione tra l'esterno della narrazione e il suo interno e che sono quindi dotati di una forte portata metatestuale. Essi sembrano aprire attraverso l'opera fabrile di artisti, artigiani, operai che potrebbero eventualmente rappresentarlo nel testo una sorta di accesso diretto alle intenzioni dell'autore e alla sua verità poetica.
Ma ciò non è senza rischi, dal momento che è la lettura allegorizzante alla ricerca di una verità ultima che si trova ad essere favorita. Privilegeremo una posizione più cauta rispetto a quella di Lucien Dällembach e forse più saggia, considerando gli effetti di riflessività latori di significati metatestuali certi, ma essenzialmente nell'ambito dei rapporti strutturali che essi creano tra gli elementi in gioco. Così gli sdoppiamenti rousselliani veicolano la loro reale informazione metatestuale solo mediante le loro reciproche imitazioni e il gioco di differenze che i doppi intrattengono con i loro referenti.
La mise en abyme dell'enunciazione pare abbia un effetto più interessante: reintegrando il lettore e l'autore empirici nel racconto, essa opera la chiusura del testo su se stesso. Se il lettore empirico dei testi-genesi è invitato a sagomare il suo sguardo su quello dello spettatore-narratore, egli può accettare di partecipare al gioco del testo con tutte le sue conseguenze solo a condizione di lasciar da parte l'universo mondano, rinunciando a proiettare sul racconto discorsi esteriori suscettibili di consegnarne il senso. In quest'ottica la mise en abyme dell'enunciazione non è più un invito ad allegorizzare il testo, ma a tentare, lungi da ogni essenzialismo, di farne una lettura materialista. Essa protegge la lettura dalle ingerenze esterne come le frasi polari proteggono il racconto.
3.3. La moltiplicazione delle immagini.
In alcuni testi a procedimento primitivo i disegni sono associati ad una tematica dello sdoppiamento dell'identità che favorisce l'apparizione di molteplici rappresentazioni seconde di uno stesso elemento della finzione. Quando si produce un tale fenomeno l'illusione realista si trova seriamente messa in discussione. In effetti, se uno sdoppiamento semplice implica una certa messa in causa della dimensione realista del racconto, uno sdoppiamento di secondo o addirittura di terzo grado non farà che rafforzare la struttura del testo ed affermare la sua indipendenza rispetto al mondo esterno.
In seguito, per rafforzare la sua coesione interna, il testo tende a moltiplicare i doppi e a differire ogni possibilità di evocare il reale al fine di affermarsi come semplice costruzione di linguaggio [13]. Le haut de la figure, un racconto dove un personaggio e il suo doppio assumono uno dopo l'altro il ruolo di referente e quello d'imitazione, è forse la migliore illustrazione di questo meccanismo, tramite cui la finzione esibisce il suo carattere di costruzione attraverso un gioco di specchi associato, sul piano tematico, alla storia di un'identità assunta con difficoltà.
In questo racconto il primo sdoppiamento è quello del ringiovanimento artificiale del professor Volcan, che decide di far annerire i suoi capelli affinché il loro incanutirsi non tradisca l'eccessiva differenza di età con la sua giovane moglie. Soddisfatto del risultato ottenuto, egli fa eseguire un suo ritratto in aspetto ringiovanito, ed ecco il secondo sdoppiamento. Ma il suo discepolo e, per l'occasione narratore, tenta di ricondurre Volcan alla sua identità prima, facendo riapparire, in un'imitazione del gesto del professore, con il gesso i capelli bianchi sul ritratto, terzo sdoppiamento.
Ora, di sdoppiamento in sdoppiamento, tale identità primaria viene smarrita ed è conservata solo nel quadro, al quale Volcan, in un quarto sdoppiamento, si sforzerà di rassomigliare sempre di più. Abbiamo quindi a che fare con un caso singolare in cui la rappresentazione secondaria agisce esplicitamente sulla rappresentazione primaria, che essa era inizialmente destinata a raddoppiare, provocandone la trasformazione. Si crea pertanto un gioco di riflessi nel quale il referente originario, la cui mimesis realista puntava a mantenerne l'illusione, si perde definitivamente: limitandosi a delinearsi come pura produzione di rappresentazione, il testo non ha più la pretesa di ancorare la sua legittimità in alcuna origine fondatrice.
Un meccanismo affine è all'opera ne La frange d'or de la petite Paulette, nel quale intervengono, come già segnalato, differenti tipi di sdoppiamento. Come nel caso precedente, la moltiplicazione delle rappresentazioni secondarie e dei riflessi si trova qui, sul piano tematico, associata alla destabilizzazione dell'identità [14]. Così è proprio il travestimento della piccola Paulette con un'uniforme da cavaliere che facilita la transizione tra les boucles dorées d'une fillette dénommée Paulette e l'épaulette décorée en doré de l'uniforme.
L'identità femminile della piccola Paulette, assunta con difficoltà, diventerà tanto più fluttuante quanto più Mme Bosse cercherà di rendere immortale la bambina, travestita da cavaliere, tramite un ritratto. In questo processo è quindi una rappresentazione secondaria che assume lo statuto di referente, da cui la bambina reale è definitivamente esclusa, dal momento che la descrizione del suo ritratto, che chiude il racconto, raddoppia sul piano materiale il poema dedicato dal suo giovane amante che apre il racconto.
I due declinano in maniera significativa la medesima isotopia della luce e del rispecchiamento, al quale noi possiamo associare tre significati differenti, secondo il piano del testo sul quale ci si situa: il suo referente immediato è il bagliore eccezionale dei capelli di Paulette e i loro riflessi, ma le sue connotazioni rimandano alle similitudini tra gli elementi della finzione e tra gli enunciati quasi identici che generano il testo. Un'analisi affine potrebbe essere condotta per L'Orchestre in cui, per motivare l'utilizzo di un bâton de cerceau come bigodino, il giovane Raoul si traveste da suonatore spagnolo di serenate che prende posto in un quadro di gruppo.
Tale processo di perdita dell'identità primaria dei personaggi, che in ultimo si trovano ridotti allo stato di semplice rappresentazione, si ripete in altri testi, anche se esso non è veicolato necessariamente dalla realizzazione di un disegno. Ne Les boucles du petit rentier il villaggio visto dal cielo è esplicitamente descritto come un modellino e il personaggio di M. Gilet presentato come un semplice segno ortografico. Ne La peau de la prune, nell'immagine datane dalla descrizione finale, Natte è molto più prossima al quadro che all'amante infedele e passionale dell'inizio. Ne Les ardoises le dispute esagitate dei due protagonisti durante le partite di courte paume si vedono ridotte in ultimo ad una sorta di parodia che proibisce loro la parola e li condanna a lanciarsi un gesso per scambiarsi degli insulti scritti su di un'ardesia.
Notiamo inoltre che ne La peau de la prune e ne Les ardoises l'enunciazione della frase finale implica in un caso il trapasso del personaggio e nell'altro la rinunzia alla parola. Come se il linguaggio sottoposto a vincolo volesse sottolineare una doppia impossibilità: preservare la sua funzione strettamente pragmatica e mantenere il suo legame illusorio con la vita.
4. Lo sdoppiamento come tematica finzionale.
Inscrivendosi pienamente nello svolgimento cronologico della finzione, la forma più semplice dello sdoppiamento comporta il cambiamento di funzione di un oggetto o la sua mutazione e/o l'acquisizione d'abilità inedite di un animale. Si tratta di trasformazioni indotte dal bisogno di raccordare tramite la finzione gli universi eterogenei di due matrici o attraverso delle associazioni disparate presenti su una medesima frase polare.
Ne Les Ardoises la lessia /crayon blanc/ genera un gesso che, inserito in un cilindro di legno che tanto più viene tagliato quanto più viene ad usurarsi, acquista le proprietà di una matita per fogli di carta [15]. In Idylle funambulesque l'espressione /les bâtons du roquet/ crea un cane in grado di tracciare delle stanghette per /i/ perfettamente parallele. Nel racconto tali trasformazioni sono presentate come il risultato di un lavoro artigianale o di un addestramento insistente che li iscrive in un discorso meticolosamente logico, in modo da neutralizzarne l'arbitrarietà.
Ora, attraverso gli sforzi e le premure dei personaggi della finzione per trasformare gli inanimati o gli animati, è il meccanismo di produttività scritturale del procedimento che si trova messo in scena nei suoi sforzi per rendere compatibili le realtà disparate che il vincolo associa. La motivazione basata sul rapporto di verosimiglianza che le invenzioni rousselliane esigono le situa all'opposto del colpo di bacchetta magica che nei racconti di fantasia sono sufficienti per trasformare delle zucche in carrozze.
La mutazione miracolosa è denunciata come effetto prodotto da un trucco, ovvero posta come risultato di un lavoro che viene nascosto. Così, ne Le vol des petits pavillons la trasformazione delle bandierine in piccole farfalle, nata dal bisogno di accostare l'envol des insectes e la soustraction des drapeaux [16] è presentata nel quadro di uno spettacolo teatrale di magia che dispone il lettore ad accettare l'irrazionale come gioco.
Sia che esse concernano gli oggetti sia che interessino gli animali, bisogna vedere in queste trasformazioni, in fin dei conti banali, la tappa embrionale delle creazioni ben più ardite che scopriremo in Impressions d'Afrique (1907) e in Locus Solus (1914), come i canneti cinematografici, la statuetta en baleines che scivola sui famosi binari in mou de veau, i capelli di Lucius che si schierano per danzare una giga sul suo cranio [17], il verme issato in modo da suonare un liuto, il gallo Mopsus capace di comporre degli alessandrini. La complessificazione delle figure va di concerto con quello del vincolo nelle formulazioni seguenti rispettivamente nominate, amplificate e sviluppate.
5. Conclusioni.
Lo studio della varietà delle forme di sdoppiamento che esso genera permette ovviamente di mettere in luce e di sottolineare nel procedimento primitivo un fattore di inventività finzionale non più collegato alla distanza semantica presente tra le matrici, ma al grado di eterogeneità o alla compatibilità più o meno grande degli ambiti semantici presenti in ognuna di esse. Lo sfruttamento delle forme di sdoppiamento appare così presso i testi-genesi come la strategia narrativa più adeguata per assicurare una transizione rapida tra gli universi semantici che le frasi polari proiettano individualmente, pur garantendo al meglio la coesione del testo nella misura in cui lo sdoppiamento consiste di principio in una ripresa, qualunque sia il piano del testo (finzionale, materiale), sul quale essa si manifesta.
Infine lo sdoppiamento, dal momento che non è mai ripetizione letterale ma ripresa deviata, s'impone nei testi-genesi come un efficace trasformatore nel quale si incrociano e si mescolano gli universi finzionali delle due matrici. Sul piano tematico l'esplorazione delle forme dello sdoppiamento si traduce in una vasta interrogazione sull'identità e sulla sua destabilizzazione. Così, lo sdoppiamento del senso sul quale il procedimento fonda le sue attitudini produttrici è messo in scena attraverso una panoplia di cambiamenti di identità che possono concernere altrettanti oggetti che si vedono trasformati e deviati rispetto alla loro funzione corrente, rispetto agli animali che acquistano delle competenze proprie agli umani, rispetto alle persone, che non assumono il loro essere e hanno bisogno di artifici per alterarlo o che vedono le loro mancanze messe in evidenza su delle caricature.
Tale instabilità generalizzata, che nei testi-genesi e nei suoi scritti in generale sembra colpire le identità, mostra il legame sul quale i testi degli autori non cesseranno di insistere tra la perdita di stabilità del linguaggio e quella degli esseri; un po' come se una scrittura, che spinge abbastanza lontano l'interrogazione sul rapporto delle forme al senso che è loro attribuito, possa solo estendere il dubbio sull'essere in tutti suoi aspetti.
Una delle forme più efficaci di diluizione dell'identità è senza dubbio quella di moltiplicare le immagini simili, come in un palazzo di specchi. Così può capitare che nei testi-genesi un'identità assunta male subisca una trasformazione, per poi proiettarsi su un ritratto o un poema. In tale concatenazione le imitazioni si rimandano reciprocamente, in modo da favorire un'alternanza di posizioni tra l'imitante e l'imitato, in cui la nozione d'originale cessa d'essere pertinente: una rottura della gerarchia tra le rappresentazioni che si rivela come una palese messa in questione della mimesi realistica, da cui il lettore attende che essa offra dei punti di appoggio stabili chiamati a preservare l'illusione del legame tra il testo e il mondo.
Ora, il testo rousselliano opera esattamente nel senso inverso: ponendo di fronte alla rappresentazione primaria un'imitazione che rinvii all'ambito dell'arte, quindi dell'artificio, esso designa se stesso come rappresentazione. In tal modo esso rifiuta ogni rapporto illusorio con il reale per assestare la sua legittimità sullo sdoppiamento arbitrario del linguaggio, di cui esso è il prodotto.
La diversità delle rappresentazioni che popolano i testi e i giochi speculari che si istituiscono tra di loro appaiono come delle messe in scena dello sdoppiamento del senso e delle incompatibilità semantiche sulle quali si fonda il procedimento. Il linguaggio rovesciato su se stesso che scatena la dinamica produttiva sembra così inadatto a creare dei racconti lineari, riuscendo a mettere in scena le sue potenzialità solo attraverso il discorso dell'arte, che è già un'immagine seconda del mondo.
Ma numerosi racconti insistono, sempre immagine imperfetta, come se, una volta afferrate nel loro senso derivato, le parole perdessero il loro potere di designazione delle cose e dovessero riportare il loro significato sull'universo dell'arte, al fine di sottolineare meglio la distanza che separa il testo dal reale. E così la rappresentazione seconda, invitandoci a diffidare del suo rapporto con la prima, mette fortemente in dubbio la relazione che quest'ultima si suppone intrattenga con il reale.
NOTE
[*]. Traduzione di H. Salceda, «Les formes du dédoublement dans les Textes-genèse de Raymond Roussel», Perec etc., derechef. Textes, lettres, règles & sens, Ed. de M. Ribière, É Beaumatin, Paris, Joseph K., 2005, p. 362-375. Per gentile concessione dell'autore.
[1]. R. Roussel, Comment j'ai écrit certains de mes livres, Pauvert, Paris, 1963. I numeri di pagina che l'autore metterà d'ora in poi tra parentesi, accompagnati dal titolo del racconto citato, faranno riferimento, in mancanza di indicazioni diverse, a questa edizione.
[2]. Si ricordi che Roussel nella sua descrizione del processo primitivo fa riferimento alle equazioni tra fatti che devono costruire un ponte tra poli distinti, mentre non accenna, in alcuna circostanza, alla coesione semantica del racconto.
[3]. L. Dällenbach, Le récit spéculaire, Paris, Seuil, 1977. L'interesse per lo studio di questo processo testuale, a cui il Nouveau Roman ha fatto ampio ricorso, è tornato in auge grazie ai lavori di Frank Wagner (Glissements et dérapages. Note sur la métalepse narrative, in Poétique, 130, 2002) e quelli di Dörrit Cohn (Métalepse et mise en abyme in Vox-Poetica, www..vox-poetica.org/t/metalepse.htm, pagina visitata nel Settembre 2003) che, nel contesto dei loro studi sulla metalessi, si sono interessati ai rapporti che essa intratteneva con la mise en abyme. Nel presente articolo l'autore si limita a richiamare sinteticamente gli studi che vertono esplicitamente sul concetto di mise en abyme, omettendo invece tutti quegli studi che che la presuppongono nell'ambito delle ricerche più generali sul metatestuale. Per ricostruire un quadro generale recente sull'evoluzione delle ricerche sulla metatestualità e sulla riflessività, vedi Bernard Magné, Le métatextuel perecquien revisité, (http://www.cabinetperec.org/ articles/magne/ magne_article.html, pagina visitata nell'Agosto 2003).
[4]. Cfr. J. Ricardou, «L'activité roussellienne», Pour une théorie du Nouveau Roman, Paris, Seuil, 1971.
[5]. Dällenbach descrive nel modo seguente questo stesso meccanismo: «en tant que second signe en effet, la mise en abyme ne met pas seulement en relief les intentions signifiantes du premier (le récit qui la comporte), elle manifeste qu'il (n')est lui aussi (qu')un signe et proclame, tel n'importe quel trope mais avec une puissance décuplée par sa taille: je suis littérature, moi et le récit qui m'enchâsse» ( Cfr. L. Dällenbach, op. cit., p. 79).
[6]. Bernard Magné, Le métatextuel perecquien revisité, (http://www.cabinetperec.org/ articles/magne/ magne_article.html,pagina visitata nell'Agosto 2003).
[7]. Ibid. Le informazioni veicolate da un enunciato metatestuale possono situarsi sul piano denotativo quando «portent sur le référent du discours» o sul piano connotativo quando «portent sur autre chose que le référent du discours». Cfr. Ibid.
[8]. Cfr. L. Dällenbach, op. cit., p. 72
[9]. R. Roussel, La halte, p. 224. Sottolineatura dell'autore.
[10]. Sottolineatura dell'autore.
[11]. R. Roussel, La régularité des mailles, p. 221. Come nota precisamente Dällenbach la couture è divenuta un vero e proprio topos dei fenomeni di riflessività perché condivide con la testualità «la propriété d'être un entrelacement» cfr. Ibid., p. 125. In Roussel l'esempio più significativo della stretta analogia tra il procedimento tessile e quello scritturale resta senza dubbio la descrizione del mestiere della tessitura in Impressions d'Afrique (p. 88).
[12]. D. Cohn, op. cit.
[13]. J. Ricardou mette in luce questo aspetto della mise en abyme, a suo avviso, un'autorappresentazione orizzontale referenziale: «son actif [de l'autoreprésentation horizontale référentielle], c'est la contestation de la similitude entre la dimension référentielle de la fiction et le référent. Suscitant à l'intérieur de la dimension référentielle une intempestive pullulation de similitudes excessives, elle disloque d'autant son éventuelle similitude avec le référent», cfr. J. Ricardou,op. cit., p. 163.
[14]. Il titolo della prima versione Un garçon manqué è, a questo proposito, molto più esplicito. Cfr. Bibliothèque Nationale, Fonds Roussel, Textes de grande jeunesse, états divers. MF. 4485.
[15]. «Je regardais la craie d'un air absorbé et la tournais entre mes doigts. Elle était enchâssée à la façon d'une grosse mine de plomb dans un cylindre de bois dont le bout était taillé au canif [...] quand la pointe était usée, on remettait un fragment à nu en taillant le bois de nouveau». (Les ardoises, p. 235). Il racconto è generato dalle seguenti matrici: la largeur du jeu (espace libre) entre les bâtons multicolores (poteaux/caractères) du cr/ roquet.
[16]. Il racconto è generato dalle seguenti matrici: Le vol (larcin/ envol) des petits pav/pillons.
[17]. Cfr. Impressions d'Afrique, per i canneti, p. 250 e sq., per i binari en mou de veau, p. 12 e p. 292, e Locus solus, Cap V, per i capelli danzanti, il capitolo VII per il gallo scrittore.
Michel Carrouges, Les machines célibataires, Chêne, Paris 1954.
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