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Precisione e anarchia nell’opera di Morton Feldman
di Chico Mello

(Traduzione di Jacopo Valli)

2 settembre 2013


Estratto da un articolo originariamente pubblicato sulla rivista dell’Instituto Superior de Música dell’Universidad Nacional del Litoral; N. 4, dicembre 1995.



Quando parliamo di analisi musicale, o di qualsiasi altro tipo di analisi, immaginiamo un insieme coerente, e, come analisti, iniziamo a decifrare questa coerenza. In ordine di conoscerne il funzionamento, iniziamo un lungo processo di traduzione e classificazione degli eventi sonori in differenti categorie analitiche, come struttura, forma, gerarchia, sistema, per raggiungere la cosiddetta comprensione dell’oggetto.

Leggendo i testi riguardanti l’opera di Morton Feldman, tuttavia, è sorprendente vedere come sia difficile utilizzare questi criteri. Feldman stesso pensava che la sua musica fosse inaccessibile con gli strumenti della musicologia tradizionale: egli considerava d’aver appreso più dagli artisti plastici che dai compositori; ciononostante, nei suoi componimenti vi sono sempre elementi tradizionali, ma slegati dalla loro funzione convenzionale.

Il contatto, negli anni Cinquanta, con musicisti come John Cage, Earle Brown, Christian Wolff e David Tudor, e con l’espressionismo astratto di artisti plastici come Jackson Pollock, Willem de Kooning, Philip Guston e Mark Rothko (quest’ultimo, in verità, rifiutò più volte la definizione “espressionista astratto”) fu di altissima importanza nel suo sviluppo di un contatto più elementare col materiale sonoro.

La musica di Feldman, come quella di Cage, mostra una tendenza a muoversi in una sorta di “spazio metafisico”. La trascendenza si ritrova nell’intensificazione della percezione del “qui ed ora” nel fenomeno acustico. Nell’ordine di liberare i suoni dal controllo autoritario del compositore, sia Feldman che Cage giunsero ad interrogarsi circa i loro metodi compositivi: Cage attraverso la consultazione dell’I-Ching, e Feldman, primariamente, attraverso la notazione grafica, dove all’esecutore è richiesto di riprodurre i suoni in modo non-virtuoso, dato il silenzio come un punto di partenza.

Tra il 1952 ed il 1958, Feldman abbandona la notazione grafica e ritorna all’uso della notazione tradizionale, la quale può tuttavia mantenere l’astrazione e l’assenza di controllo della musica indeterminata. Egli non è interessato ad un sistema, ma ad un metodo di lavoro. Alcune caratteristiche di questo sono, per esempio: lo scrivere in inchiostro, per obbligare se stesso all’osservazione della propria attenzione durante il lavoro, lo scrivere tutte le sue idee sulla partitura, missando i suoni direttamente sulla tela, per poter dislocare, successivamente, il materiale sonoro in ogni direzione; il silenzio come una sostituzione per il contrappunto — (Also silence is my substitute for counterpoint [1]; I’m interested in counterpoint [...] in the way that Mozart was, that is, as orchestration [2]) — l’uso di patterns, la disposizione modulare e discontinua del materiale sonoro (I work very moduly, I don’t work in a continuity, I work moduly.... If I just Think in terms of module, I could take this in another place like Frankenstein, and I could put it over here... (draws). ...I do it by ear and so, very quickly I look my material and I could see. The reason is that I want to bring back a kind of fake association [3]).

Qui c’è spazio per un’osservazione circa il concetto di lessness, un termine che si riferisce alla traduzione del titolo del testo Sans di Samuel Beckett dalla lingua francese a quella inglese, effettuata dallo stesso autore. Martin Erdmann usa il termine Logiskeit, in tedesco, in riferimento all’opera di Feldman ed in opposizione al termine Zusammenhang, una nozione da lui definita come sistema gerarchico di materiali acustici, che deve essere ordinato secondo le categorie di continuità temporale ed omogeneità acustica [4]. Questa necessità di Zusammenhang o coerenza, legame, viene dall’idea che la musica sia un linguaggio come qualsiasi altro; così, per essere compreso, deve mostrare i rapporti di interna subordinazione traducibili in un linguaggio verbale, matematico o scientifico. John Cage è stato il primo compositore a scrivere una musica libera da questo tipo di subordinazione, avendo precursori in Duchamp e Satie; così, provando a liberare i suoni dalle decisioni dell’ego del compositore, egli li ha liberati anche dalla pressione di un sistema in cui la sintassi è gerarchicamente più importante della materia sonora stessa. Infine, l’ego del compositore è anch’esso un’entità generata da un’esigenza linguistica, dove il soggetto, l’“Io”, ha una posizione più importante rispetto all’oggetto, al suono (a proposito, Feldman non mancò, in più occasioni, di sottolineare con perplessità l’attitudine dei giovani compositori ad attirare l’attenzione sul loro lavoro e su se stessi piuttosto che sul suono).

Nell’ordine di trascendere questo dualismo di base, Cage usa il caso, come una linea di fuga, una via di fuga dal controllo autoritario dell’ego (Feldman disse: “for art to succeed, its creator must be fail”) [5]. Linee di fuga, molteplicità, strati, segmentazioni, intensità, assemblaggi meccanici, termini che Deleuze e Guattari [6] svilupparono per chiarire il modello di pensiero chiamato rizomatico), anarchico o schizoide, in opposizione al tradizionale pensiero analitico occidentale, nel quale la dicotomia della regola binaria che dice che “uno diventa due” tenta di ridurre tutto ad un’unità, un organismo, una radice comune, e che, imitando la natura, in realtà, la nega, poiché essa deriva da un dualismo essenziale tra soggetto ed oggetto, libro e mondo, arte e natura. Come principi del modello rizomatico, essi stabiliscono:

1 e 2 — Principi di connessione ed eterogeneità (qualsiasi punto del rizoma può essere collegato con qualunque altro e deve esserlo, in opposizione all’albero e alla radice che fissano un punto. L’albero linguistico di Chomsky inizia con un punto e procede per dicotomia, nel rizoma ogni tratto si trova collegato; anelli semiotici d’ogni specie vi si trovano collegati mettendo in gioco non soltanto regimi di segni differenti ma anche statuti di situazioni).

3 — Principio di molteplicità (una molteplicità non ha alcun soggetto [significante], né alcun oggetto [significato], essa è definita solamente da determinazioni, grandezze e dimensioni che non possono aumentare senza che essa cambi. Nel rizoma non vi sono punti e posizioni simili a quelle che si trovano in una struttura ad albero. Non vi sono che linee).

4 — Principio di interruzione, taglio, rottura asignificante: (contro gli intervalli ipersignificanti che separano strutture o contraddicono una singola struttura. Un rizoma può essere interrotto o rotto dovunque, ma riprende seguendo questa o quella linea. Ogni rizoma comprende linee di segmentalità a partire dalle quali è stratificato, ordinato, territorializzato, ma possiede anche linee di deterritorializzazione per mezzo delle quali incessantemente fugge. Vi è rottura nel rizoma ogni volta che i suoi tratti esplodono in una linea di fuga, in un’apertura verso un’altrove. Il rizoma è il catalizzatore del divenire del testo, che va a costituire un universo dei discorsi).

5 e 6 — Principi di cartografia e decalcomania: (un rizoma non è soggetto alla giurisdizione di alcun modello strutturale o generativo, è estraneo ad ogni idea di asse genetico come di struttura profonda. Il rizoma è perciò una carta che concorre alla connessione dei campi; può essere strappata, rovesciata e adatta a montaggi di ogni genere grazie alla sua natura elastica, fluida e topologica. Una delle caratteristiche più importanti del rizoma è il fatto di essere ad accessi multipli. La carta ha entrate multiple mentre il calco rimanda sempre ad una pretesa competenza, ad un unico autore).

Nella musica di Feldman, possiamo stabilire un parallelo tra i principi del pensiero rizomatico proposto da Deleuze e Guattari e l’oscillazione tra la presenza e l’assenza di coerenza formale.

Prendiamo in esame, ad esempio, l’opera “For John Cage”, per violino e piano (1982):

1) L’aspetto dialogico permea l’intera composizione: raramente gli strumenti sono “d’accompagnamento” il principio di alternanza si spinge al suo punto estremo, convertendo l’alternanza in simultaneità, e non in gerarchico contrappunto. L’indipendenza di ogni strumento è altresì rafforzata dalla differenza tra il temperamento naturale del violino ed equabile del pianoforte. [principi di connessione ed eterogeneità]

2) La differenza tra le ripetizioni letterali ed apparenti è oscurata e difficile da individuare durante l’ascolto. La percezione del presente e del passato viene meno: le ripetizioni irregolari producono imprecisione e possono quasi disattivare la memoria. [principio di molteplicità, o principio di cartografia]

3) Cenni melodici che, ridotti al minimo, sono come metafore di melodie. [principio di molteplicità]

4) Il componimento è mantenuto in movimento dalla variazione. nonostante l’utilizzo di procedure tradizionali, la variazione non appare nella sua tradizionale funzione retorica, essa non è legata ad alcuna linearità, ma alla creazione ed al mantenimento di un’“atmosfera” generata dalla tendenza dei suoni. [proporzioni, scale — principio di molteplicità]

What my work is, is a synthesis between variation and repetition [7]

5) La frammentazione ed il costante riordinamento del materiale sonoro sono decisivi per questa non-linearità, poiché conferiscono un ruolo di maggior importanza al cambiamento ed alla combinazione degli elementi acustici (Feldman costruiva frasi su carta musicale che poi, una volta esaminata la potenzialita dei vari moduli creati, ricuciva a posteriori sfruttando la possibilità di avere una percezione visiva dell’insieme. Era un metodo che il musicista raccontava di aver appreso dal modo di lavorare di Tolstoj, così come descritto dalla figlia dello scrittore, e che amava paragonare alla tecnica del “cut-up” impiegata da Burroughs nel creare The naked lunch [8]). Il rapporto tra la sostanza e la forma scompare, e pure la differenza tra originale e copia. [principio di interruzione, taglio, rottura asignificante]

6) Gli intervalli sono trattati come timbri: Feldman prova a donar loro il tempo per essere ascoltati, tenta di affrancarli da qualsiasi sintassi, eminentemente, attraverso le inversioni e le trasposizioni [Deterritorializzazione]

La precisione anarchica dell’opera di Feldman; la sua riflessione sul rapporto quotidiano tra suono ed ascoltatore, oggetto e soggetto, rende difficile la diversificazione tra materiale, produttore, produzione e prodotto musicale: è la massima differenziazione nell’indifferenziato.

La preponderanza del binario, del modello di pensiero dualistico (pensiero analitico occidentale) è, come in Deleuze e Guattari, presa in questione, tanto nell’opera del compositore, quanto nel suo metodo di lavoro. Qui, composizione ed analisi, come tentativo di ridurre ogni cosa ad un corpo sintattico e coerente (Zusammenhang), sono non solo inadeguate, ma inibiscono l’attenzione verso il puro materiale sonoro (È importante sottolineare che per Feldman, a differenza di Cage, il suono risultava sempre fabbricato dall’uomo: There’s an avant-garde aspect which has a very religious, St Thomas attitude about the “truth of material”. In that sense I don’t feel that material has any “truths”. It has our truths. We bring it in [9]. Quando Feldman parla di suono, parla dell’attenzione che l’artista pone alla materialità del suono, il frutto dell’incontro tra il compositore ed il suono).
I want you to feel stupid just as I want myself to feel stupid. I had a friend, a very great painter. He used to say that a picture that he could understand bored him, totally bored him. But as musicians, we don’t have this feeling. What we don’t understand bores us. We should consider it a real feast to deal with music that we don’t understand. [10]

(Morton Feldman)


[1] M. Feldman, Anecdotes & Drawings.
[2] M. Feldman, Middelburg Lecture.
[3] M. Feldman, Anecdotes & Drawings.
[4] M. Erdmann, Zusammenhang und Losigkeit. Zu Morton Feldmans Kompositionen zwischen 1950 und 1956.
[5] M. Feldman, The anxiety of art.
[6] G. Deleuze/F. Guattari, Rhizome.
[7] M. Feldman, Anecdotes & drawings.
[8] M. Feldman, Anecdotes & drawings.
[9] M. Feldman, Darmstadt lecture.
[10] M. Feldman, Middelburg Lecture.

Morton Feldman


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