Kasparhauser
Marta Bartoni Etty Hillesum, unanima millenaria Solo da poco tempo è stata pubblicata in Italia l’edizione integrale del Diario di Etty Hillesum (Middelburg 1914 – Auschwitz 1943). Una figura – quella di Etty – fino a non molto tempo fa sconosciuta al grande pubblico, ma che oggi rivive grazie alla pregnanza di pagine in cui la lucidità di pensiero, l’ispirazione poetica e, non ultima, la meditazione religiosa. “Rahamim” è nella sensibilità della Hillesum quel “sentirsi a casa” nella terra degli uomini e “in compagnia” di Dio, di cui la stessa non esita a lodarne la misericordia. Andrea Caterini Il grembo bianco. Requiem: o della misericordia di Anna Achmatova Negli anni delle purghe e del terrore, Anna Achmatova perse suo figlio Lev, arrestato tre volte. Anna faceva la fila, insieme ad altre donne - decine, centinaia di madri e di mogli -, davanti al carcere delle Croci di Leningrado, per lasciare alle guardie soldi e viveri per suo figlio. Ma quell'attesa era anche la preparazione a un dolore più grande. Le donne allenavano il proprio cuore alla morte, aspettando che da un giorno all'altro le guardie respingessero i loro pacchi. Da quell'esperienza, Anna Achmatova scrive forse i versi più alti dell'intera sua opera lirica: il poemetto Requiem. Roberta Vinerba Il grido di Cristo crocifisso, parola di misericordia per luomo fatto di terra La storia della salvezza si presenta nella forma del mistero. Mistero nel senso paolino, ovvero non di una realtà che non è data di comprendere, ma di un disvelamento progressivo di una verità già presente fin dall'inizio e che si dà da conoscere. Un Dio di tenerezza infinita, che parla dei propri sentimenti come sgorganti direttamente dal suo utero, paragonandosi ad una madre. In questo sta la scandalosa novità del Dio di Israele, in questo abbassarsi e farsi bisognoso della sua creatura e del suo amore. Per sua libera scelta, Dio ha deciso di rendersi vulnerabile all'amore. Antonella Pierangeli Loltrepassarsi corporeo del divenire fecondo Il "fare vuoto" dentro di sé, proprio della madre che accoglie nel suo grembo il figlio, è il temporalizzarsi dell' "io sono" corporeo che, nell'oltrepassarsi, accoglie il dono e coglie se stesso come colui al quale viene fatto lo stesso dono: lo straziante "mio corpo per te". Non è forse da questo gesto fondamentale dell'essere che scaturisce ogni pienezza e sacralità? Nell'accadimento dell'oltrepassarsi corporeo, a cui l'Altro nella sua corporeità invita? In questo senso, la carne diventa parola per il solo fatto di venire dalla carne e dal sangue della madre, a sua volta centro di ogni parola. Ariela Böhm Le lacrime delle madri creano la compassione nel mondo Il progetto "Rachamim" nasce dal desiderio di illustrare e raccontare, per immagini e per suoni, la compassione, forse uno dei più potenti sentimenti provati dagli esseri umani. Non è la compassione (rachamim) che crea le lacrime delle madri bensì le loro lacrime sono la materia di cui la compassione è composta. Le lacrime delle madri dunque creano sia il concetto di compassione sia, fisicamente, il materiale con cui questa è costruita: nel video si vedono gocce che sgorgando e raccogliendosi si addensano, nel gelo interiore che accompagna il dolore, a formare la parola ebraica rachamim. Claudio Tarditi Ripensare la nascita con Michel Henry e Claude Romano Nascere significa «venire alla vita», cioè entrare in essa, accedere a questa straordinaria e misteriosa dimensione di «essere vivente». Tuttavia, significa innanzitutto che solo a partire dalla vita una tale venuta è possibile, cioè che soltanto la vita può generare e produrre una tale entrata in essa. Il venire alla vita sottende in primo luogo il venire della vita. La vita si auto-genera nel processo di auto-affezione, processo attraverso cui essa viene a sé, si scontra contro di sé, gioisce e soffre di sé, in una parola sente se stessa, non essendo altro da questo eterno sentire e "patire" se stessa. Francesca Brencio Ritorno alla parola La topologia di Rahamim, lesser luogo dellaccoglienza, è il luogo della domanda, quella medesima domanda che sin dal Genesi percorre la storia dell'uomo: "dove?". In Rahamim il "dove" è provenienza, non destinazione; è miracolo della nascita, non condanna e giudizio; è «il miracolo che salva il mondo […] dalla sua normale, "naturale" rovina»: Rahamim è parola di natalità. Il luogo è l'origine. L'origine è la parola. La parola racconta la carne. Maurizio Montanari Toponomastica della terra di confine ‘Sempre sia lodato’ mi faceva ripetere il nonno innanzi al rigido arciprete. Incenso e dopobarba, un senso cupo di dolore causato da altri e pagato da tutti. Espiazione, redenzione. Parole d’ordine di un tempo remoto recitate in canonica. ‘Chiedi perdono, e stai vigile’. ‘Ma che vuole dire ?’ chiedevo mentre osservavo sgomento la testa di San Giovanni decollato sopra al pulpito. ‘Significa che tu dovrai saper perdonare, e stare attento al malocchio. Sei figlio di questa terra’. Fabio Milazzo Lacan e la questione del linguaggio La struttura del desiderio è metonimica, poiché l'oggetto rintracciato nel mondo sta sempre per qualcos'altro; lo scorrere di questa strana "catena di S. Antonio", i cui grani si succedono l'uno dopo l'Altro secondo una sequenza destinata a non avere fine, si apre sul «nulla» e si anima grazie ad ágalma. L'essere manca a se stesso proprio perché effetto di un moto differenziale che continuamente tende verso ciò che non c'è, verso quell'assenza da cui tutto ha avuto inizio. Giancarlo Pera Lo sguardo della parola allintercampo della cura L’essere-gettati-nel-mondo è irriducibile alla lontananza sociale o alla prossimità virtuale, e ci espone quotidianamente ad un faccia a faccia ineludibile ed ineluttabile che nessuna impensabilità e inimmaginabilità dell’Altrimenti può evitare e nessuna universalizzazione dell’identico (o sua nostalgia accidiosa) può aspettarsi di controllare con prevedibilità e prevenibilità assolute. Il ri-conoscimento non ha il carattere confortevole di un ri-saputo e di un già -stato, ma assume la ruvidezza abrasiva di ‘ogni volta la prima’ che espone l’ambizione di somiglianza, il calcolo d’immediatezza e il vezzo di mutualità alla necessità dello sguardo. Francesco Colia Il dire Dove si trova il linguaggio se non nella parola? Cos'è la parola? Abbiamo creato un complesso sistema di segni e convenzioni in grado di metterci in comunicazione; un linguaggio puramente umano, esclusivamente in-umano. Quello che siamo è nel linguaggio e il linguaggio fugge nella e dalla parola. Il nostro iniziale esperire nella parola, il dire, fa riferimento al pensiero, pensiero che plasma ciò che è presente. Esso elabora quello che i sensi percepiscono, lo fa in modo brutale e diretto cercando per quanto possibile di dominare le emozioni. L'eco del silenzio scuote spesso il nostro sentire e gli innumerevoli tentativi del dire di afferrare l'essere presente si dileguano. Paolo Beretta La misericordia del pensiero La parola che ci parla dell'essenza ci viene dal linguaggio, purché noi sappiamo fare attenzione all'essenza propria di questo. Intanto però un flusso, insieme caotico e abilmente costruito, di discorsi, scritti, messaggi si diffonde vertiginosamente per tutta la terra. L'uomo si comporta come se fosse lui il creatore e il padrone del linguaggio, mentre è questo, invece, che rimane il signore dell'uomo. Di tutti gli appelli che si rivolgono a noi, e che anche noi uomini possiamo contribuire a far parlare, il linguaggio è quello assolutamente primo e supremo. Stefano Scrima Terra, lingua e pensiero in Miguel de Unamuno Unamuno ci parla per mezzo dello spirito del suo popolo. La sua terra è il fertilizzante del suo spirito, terra in cui il culto dell'immortalità è divenuto assillo quotidiano, chiodo fisso di un popolo devoto e affamato del corpo e del sangue di Cristo. Don Chisciotte, i conquistadores, la Controriforma, il Concilio di Trento, Ignazio di Loyola, i grandi mistici Giovanni della Croce e Teresa d'Avila avrebbero mantenuto così, in una tensione ultraterrena, l'egemonia della fede e della speranza; facendo, del loro, il nuovo popolo eletto. L'ansia d'immortalità carnale, che è l'intima forma dell'anima unamuniana, abbraccerà dunque la fede, custode e creatrice di speranza nell'immortalità. Sonia Caporossi Microtrattato in versi sulle origini del mondo Glassperlenspiel per addetti ai lavori, cantato attraverso una scrittura visionaria di chiara ascendenza gnostica. "Siamo posteri all'orrore", e per questo chiediamo "rahamim", misericordia per la "sozzura del nostro stesso ventre". il mistero dell'avvicendarsi ciclico della vita e della morte non cessa mai di imporre una richiesta di misericordia ai propri figli, e forse è questo il nostro eterno destino: invocheremo per sempre rahamim, fra un de profundis e un miserere.